cinema

mercoledì 1 gennaio 2014

FRIEDRIC DÜRRENMATT / ETTORE SCOLA

LA PANNE – 1956 
LA SERATA PIÙ BELLA DELLA MIA VITA – 1972


Ettore Scola pesca un racconto di Friedrich Dürrenmatt e lo fa aderire alle esuberanze di Alberto Sordi il quale non fatica certo a conferire al personaggio le ‘tipiche italianità’. Anzi, l’attore non fa che recitare se stesso e Scola lascia fare, accettando il rischio di far deragliare la perfetta costruzione drammaturgica di Dürrenmatt.

La distanza tra i due testi è grande, ontologica, se è permesso usare il termine in questo contesto. Innanzi tutto il film di Scola è una commedia mentre il testo di Dürrenmatt ha implicazioni ben più profonde. Il racconto La panne è una riflessione sulla scrittura e se esistono ancora storie degne di essere raccontate da uno scrittore, come, per citare l’autore,  “il palesarsi di giudizi e di giustizia, forse anche di pietà, capitata per caso, riflessa nel monocolo di un ubriaco”.

Nel racconto il plot si svolge sì attorno al rappresentante di tessuti ma il nucleo tematico è rappresentato dalla ‘corte’ e dal tema, ricorrente nella produzione dell’autore svizzero, della giustizia, come appena ricordato. In questo caso una giustizia che travalica le norme codificate e che si erge a moloch inappellabile e supremo se pur circonfuso di apparente e innocua bonarietà senile.

Scola abbassa la materia drammatica – tragica – del racconto ed allestisce un varietà in cui la corte è composta da animatori turistici travestiti da giudici; in sostanza,  delle macchiette. Il carattere del film è tutto italiano  e ciò non deve essere visto come fattore di demerito, purtroppo però tutto viene ridotto ai luoghi comuni più logori e scontati. Il testo di Dürrenmatt ne risulta in tal modo tradito.

Oltre a questo tradimento, il film appare impregnato di moralismo cattolico alquanto superficiale. Il protagonista è l’italiano Alfredo Rossi (ma guarda un po’!) che imbocca la via del peccato facendosi sedurre dalla bella Janet Agren. La donna è l’esca che lo porterà alla perdizione. Seguendo la misteriosa motociclista Rossi giungerà al castello dopo una fatale ed inesplicabile panne della Maserati; la visione della nudità femminile lo farà restare; infine, sarà di nuovo l’apparizione della donna a chiudere il gioco.


In Scola l’esecuzione della sentenza è assimilabile ad un apologo catechistico con i suoi semplicistici simbolismi quando in Dürrenmatt la vicenda viene conclusa con un intimo atto di coscienza, molto più in linea con un certo spirito luterano che l’ambiente suggerisce.


2 commenti:

  1. insomma non me lo guardo...adoro Dürrenmatt e non ho voglia di vederlo ridotto a qualcosa di banalotto...
    ciao amico carissimo auguri!!!!

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    1. anch'io adoro durrenmatt, e per questo ho guardato il film con sospetto. non conoscendo il testo il film è gradevole.
      a presto e saluti anche a chiara

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