cinema

martedì 26 febbraio 2013

ELEZIONI POLITICHE 2013 - RISULTATI

GEOGRAFIA DELLE POLITICHE
CAMERA


Divertirsi con i risultati delle politiche.

Sintesi:

sconfitta del Centro Sinistra e di Bersani. Dovrebbe dimettersi; rispetto alle politiche 2008, alla Camera, la coalizione passa da oltre 13 milioni di voti a 10 milioni

tracollo Centro Destra. Rispetto alle politiche 2008, sette milioni di voti persi. Anche considerando più di 2 milioni e mezzo di votanti in meno si tratta di una bella botta. Vittoria personale di Berlusconi che centra l’obiettivo di restare in gioco come interlocutore di peso.;
 
trionfo Cinque stelle. La cosa che impressiona è la regolarità dell’affermazione su scala nazionale;

flop dei centristi e bruciatura di Monti;

viene replicata la scomparsa dei comunisti, salvi solo grazie a Bersani;

finalmente spazzati via i giustizialisti;

amarezza per la scomparsa di liberali e radicali.
 

 Primo partito per provincia alla camera dei Deputati.

 
Azzurro PDL (VA ad Aosta)   Giallo M5S,  Rosso PD (SVP in Alto Adige),  Verde Lega

domenica 24 febbraio 2013

ELEZIONI POLITICHE 2013

PREVISIONI O VATICINI

Prima mattina con grossi fiocchi di neve ora qualche raggio di sole sulla giornata elettorale. Provo ad indovinare i risultati elettorali, basandomi su certe sensazioni che provengono dagli umori individuali e collettivi che fluttuano a mezz’aria sul nostro paese. Niente sfera di cristallo, ancor meno i miei vecchi tarocchi di Marsiglia; niente commenti sui media e manco sbirciate ai siti ticinesi. Puro divertimento. Poi, a conti fatti, altro divertimento per il riscontro.

Allora, da destra a sinistra, in percentuale:

PDL 19
Lega  5
Altri   5  totale  C.D.  29


Scelta Civica  9
Altri  3   totale Monti  12

 
PD    30
SEL    3
Altri    2  totale  C.S.   35


Rivoluzione Civile   3


M5S    17


Altri      4


Provo anche a sbilanciarmi sui voti regionali

 

Per quanto mi riguarda, ma la cosa non interessa a nessuno, sono ancora incerto tra le seguenti opzioni, in ordine di preferenza:  AmnistiaGiustiziaLibertà; PD; Fare; MIR.

 

lunedì 11 febbraio 2013

JACQUES AUDIARD

UN SAPORE DI RUGGINE E OSSA
JACQUES AUDIARD - 2012



Peccato, perché poteva essere un gran bel film e invece Jacques Audiard riesce a rovinare tutto. Bella coppia di protagonisti. Lui è Matthias Schoenaerts, visto nell’ottimo film belga Rundskop; lei è la lanciatissima Marion Cotillard. Nel cast è presente anche l’attore/regista belga di culto Bouli Lanners. A proposito, dal Belgio negli ultimi anni stanno arrivando i migliori film europei.

Il carattere principale, Alì, è ben definito e credibile: un bastardo incosciente ed irresponsabile che si trova coinvolto in una storia con una addestratrice di orche costretta sulla sedia a rotelle dopo un incidente sul lavoro. Solito rapporto asimmetrico che si evolverà in un ribaltamento dei ruoli.

Audiard gioca sul sicuro:
A. Introduzione in cui presenta i due caratteri principali.
B. Evento drammatico e scena all’ospedale  con cui inizia il racconto vero e proprio, il segmento C, che occupa la maggior parte del film.
C. Questa sezione è riempita da sesso, violenza, amore e stronzate varie – proprio in senso letterale – da parte di Alì, e che si conclude con quello che doveva essere il perfetto finale del film. Ma il regista vuole aggiungere un tocco fatale alla Kieslowski e inserisce un elemento D, altro evento drammatico a bilanciare quello che aveva aperto lo svolgimento del plot. Ma non è finita. Ancora una scena all’ospedale, altrimenti il film non sarebbe equilibrato! Dulcis in fundo, il finalino, che mancava proprio. Peccato, perché la colonna sonora contiene due brani di Bon Iver e un bel pezzo di Springsteen rimixato da Trentemøller.

 

martedì 5 febbraio 2013

RADIOHEAD - parte 2

KID A - 2000
ANALISI DEL TESTO (2)




Entriamo nello specifico dei testi di Kid A. A detta di Thom Yorke, per comporre alcune delle liriche ha fatto ricorso alla tecnica dadaista dell’ “out-of-hat”, come se si estraessero dal cilindro parole e frasi che casualmente creano componimenti poetici. Modalità seguita, per restare nel mondo del rock, da John Cale e Brian Eno per esempio nella celebre Cordoba o dallo stesso Eno nelle sue collaborazioni con David Byrne. Ma in Kid A questo procedimento può essere circoscritto a qualche ricorrenza delimitata anche perché le singole sezioni hanno una ben definita coerenza e pure una intelligibilità tutt’altro che opaca, come invece si tende a dire.

In apertura Everything in its right place ha la funzione di dichiarare che l’idea dadaista iniziale di frammenti casuali ha in realtà assunto un assetto compiuto. È il superamento della crisi. L’opera è composta, tutto è andato al suo giusto posto. Verbi al passato designano incomunicabilità (“what was that you tried to say?”) e malessere (“Yesterday I woke up sucking a lemon”). I verbi al presente asseriscono invece che ora tutto è a posto e i colori nella mente hanno trovato il modo di esprimersi. Il risultato di questa guarigione è lo stesso album.

Le sezioni liriche seguenti sono le tappe della crisi, a cominciare da Kid A, che secondo Thom ha immagini terribili. Per questo, ha dichiarato, il cantato è fortemente distorto, proprio per evitare che l’ascoltatore focalizzi l’attenzione sui versi. La mente è annebbiata, oppressa da visioni che ingannano e minacciano: piccole bugie (“white lie”), ventriloqui, teste infilzate sui pali. Emblematica in tal senso la figura del pifferaio di Hamelin che porta via topi e bambini (“The rats and children will follow me out of town”).

Il senso di panico continua nei radi versi di The National Anthem. L’altro (ognuno, chiunque, tutti, everyone) è fonte di opprimente angoscia fisica ma è a sua volta minacciato così la paura si trasmette a tutti: “Everyone has got the fear”.

Per fuggire da questa angoscia bisogna sparire, annullarsi completamente, magari sprofondando nel sogno (“I walk through walls”), nell’acqua (“I float down the Liffey”, il fiume di Dublino di Joyciana memoria), nella musica e nel tour (“Strobe lights and blown speakers”). L’evitamento come prassi per non affrontare il reale e autoconvincersi che la realtà, apportatrice di ansia, non esiste: “I'm not here / This isn't happening”, secondo un consiglio ricevuto da Michael Stipe.

Dopo le evanescenze eteree con Optimistic la trama dei versi, così come la musica, costruisce immagini più concrete e al tempo stesso plurivalenti. Sono diversi infatti i campi semantici ed espressivi utilizzati. Ci sono situazioni da fiaba tenebrosa: il verso “Picking up every last crumb” allude a Pollicino ma è pure metafora del capitalismo, così come i riferimenti ad animali fastidiosi e minacciosi. Alla stessa area dell’universo infantile e regressivo, vero leit-motif dell’intero macrotesto, appartiene la citazione di una filastrocca per bambini “This one went to market” dove è un maialino ad essere andato al mercato. Maialino che porta dritto alla Fattoria degli animali di Orwell (“Living on animal farm”), con mutazione di campo semantico. Ecco che società ed economia opprimono l’individuo (“The big fish eat the little ones”) e l’apparente ottimismo del tre volte ripetuto refrain “You can try the best you can” è ironicamente ribaltato dal contesto negativo delle immagini conclusive: marionette, galere, dinosauri.

La successiva In Limbo riporta al tema della fuga / rifugio in un mondo di fantasia, con altri momenti di insicurezza e di impotenza: nessun posto dove nascondersi; perdersi nel mare; perdere la strada e, ripetuto ad inizio e fine canzone, messaggi che non si è in grado di leggere: “I got a message I can't read”.

Lo stato di estrema prostrazione e minaccia si concretizza nella danza scheletrica di Idioteque dove appaiono bunker e gente in pericolo da mettere in salvo. L’io lirico ha visto troppo, ma non ancora abbastanza (“I have seen too much / I haven't seen enough”), mentre l’interlocutore non ha visto affatto (“You haven't seen it”). Questa è la distanza tra chi ha vissuto un’esperienza atroce e chi invece non l’ha vissuta e il testimone ha il compito di raccontarla anche se corre il rischio di essere uno scaremonger, un profeta di sventure. E questa volta si afferma che ciò che sta accadendo è reale (“This is really happening”), contrariamente al consolatorio “This isn’t happening” di How to disappear.

Morning bell è un risveglio, è la realtà che sta affiorando con tutti i suoi frammenti sconclusionati, con gli oggetti di uso quotidiano, con rapporti consumati dai quali si implora di essere liberati: mobili, auto, vestiti, relazioni, fino a lacerare gli affetti più cari: tremendo il riferimento biblico del verso “Cut the kids in half”.

Si giunge all’ultima sezione lirica dove si fanno i conti con la dura verità, che va comunque accettata, magari ricorrendo a aiuti diversi come “Red wine and sleeping pills”; “Cheap sex and sad films”. Tutto può servire per una ricomposizione di ciò che si era lacerato, basta illusioni (“It’s not like the movies” anche se si tratta di una colonna sonora - Motion Picture Soundtrack) o bugie (tornano le white lies incontrate nella seconda sezione). Il testo si chiude con una certezza, “I will see you un the next life” e tutto torna al posto giusto.

lunedì 4 febbraio 2013

RADIOHEAD - parte 1

KID A - 2000
ANALISI DEL TESTO

dal NewYorkTimes di qualche anno fa...


Kid A è uno degli album più importanti – e più belli – usciti negli ultimi decenni. Si tratta di una composizione di quasi 50 minuti che va ascoltata dall’inizio alla fine, come si fa per la musica classica. L’album è un insieme di canzoni ma l’intenzione del gruppo è quella di proporre un blocco musicale unitario, scomposto in dieci episodi, alcuni dei quali sfumano uno nell’altro in un continuum sonoro.

Opera fondamentale nel panorama della musica contemporanea, per provare a comprenderla bisognerebbe ricostruirne la genesi e inserirla nel contesto storico in cui è stata realizzata. Nel 1997 era uscito OK Computer che aveva definitivamente creato il fenomeno Radiohead. Successo planetario, grandissima attenzione e pressione sul gruppo, che dalla tranquilla Oxford viene catapultato “nell’intronata routine del cantar leggero”: promozione, interviste, tour.

Per Thom Yorke inizia un periodo di forte tensione nervosa che lo porta ad un vero e proprio blocco non solo creativo ma anche comunicativo. Dichiarerà in seguito che oltre alla conflittualità nelle relazioni con le persone più vicine (compresi la compagna e gli altri componenti del gruppo) e alla crisi artistica, in certi periodi non era addirittura in grado di articolare le parole.

Kid A riflette questo malessere ma anche ciò che avveniva intorno al gruppo, a livello di eventi storici. Nel 1999, anno in cui i Radiohead cominciano a lavorare al nuovo album, due eventi internazionali sono al centro dell’attenzione entrambi seguiti da Yorke e compagni con partecipato interesse: quello che sarà l’ultimo atto delle guerre nella ex-Jugoslavia con il bombardamento della Serbia da parte della Nato; la nascita dei primi movimenti no-global che culmineranno nelle manifestazioni contro il WTO a Seattle. Guerra, ambientalismo e cambiamenti climatici, approccio critico verso il capitalismo e il consumismo, delusione e sfiducia nei confronti della politica di Tony Blair sono tematiche che in vari modi permeano gli stati d’animo della band e di Thom Yorke, l’autore dei testi dell’album.

Il malessere individuale e cosmico è proprio nelle liriche che trova la sua più evidente espressione e come per l’ascolto anche per i testi vale l’approccio ‘complessivo’: possono essere letti come un unico componimento poetico suddiviso nelle nove sezioni corrispondenti ai brani cantati.

L’analisi del ‘macro testo Kid A’ sarà sviluppata nel prossimo post.
 
 
Screaming Bears, uno degli Antivideo di Kid A