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domenica 20 gennaio 2013

GUERRA IN MALI

SULL' INTERVENTO FRANCESE


Islamisti nel Nord del Mali, TheNewYorkTimes


La questione è di quelle che tendono a spaccare l’opinione pubblica: potenze straniere possono intervenire militarmente contro regimi di Paesi sovrani per scopi definiti umanitari? In anni recenti anche in Italia si è molto dibattuto sui casi della Serbia, della risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre, della Libia. Siamo quasi tutti d’accordo che giungere a soluzioni pacifiche sia l’opzione migliore in assoluto ma ciò non è sempre possibile. La risoluzione di certe emergenze è molto complessa e divisiva ma proprio perché si tratta di emergenze la comunità internazionale ha il compito di agire e se la diplomazia e la politica falliscono è necessario trovare altre soluzioni, anche se dolorose.

Due di queste situazioni si stanno svolgendo da molti mesi sullo scenario globale. Da due anni ormai la Siria sta autodistruggendosi senza che la comunità internazionale  riesca o voglia attivarsi per un’azione che ponga effettivamente fine al quotidiano massacro. 
L’altro caso al centro in questi giorni dei media mondiale è il Mali. Da quasi un anno il Paese sahariano vive una guerra civile che ha portato alla divisione dell’unità nazionale con la proclamazione di uno stato autonomo, l’Azawad, nella parte settentrionale. Islamisti associati ad al-Qaeda, bande di predoni specializzati in narcotraffico e sequestri di occidentali, mercenari e trafficanti di armi hanno trovato occasione e  appoggio nelle rivendicazioni del popolo Touareg che da decenni combatte le autorità di Bamako.
La destabilizzazione seguita alle Primavere arabe e soprattutto alla caduta del regime libico ha reso esplosivo non solo il Mali ma tutta l’Africa Nord Occidentale. Ignorato per molti mesi, il pericolo rappresentato dalla costituzione di una roccaforte jihadista tra Sahara e Sahel, ha iniziato a preoccupare, oltre che alcuni paesi africani, anche la Francia, orfana della grandeur coloniale e inquieta a causa delle conseguenze che tale focolaio possa rappresentare per l’assetto geopolitico regionale, in primis per Algeria e per l’ancora instabile Libia post-Gheddafi. E lasciando da parte ciò che sta accadendo nella Nigeria settentrionale… Di fronte alla totale assenza di dibattito internazionale sulla questione, il governo del socialista – pacifista – Hollande ha deciso di intervenire. Questo il quadro.

Alcune considerazioni.

A differenza che in Siria, la Francia non ha coinvolto altri paesi o istituzioni internazionali ed in ‘solitudine’, come ha commentato la stampa francese, ha inviato i militari. L’impressione suscitata è che la Francia consideri ancora l’Africa Nord Occidentale come questione nazionale o addirittura neocoloniale, in questo caso va rimarcata la continuità del governo Hollande con il precedente governo Sarkozy.

L’impegno al momento sembra sia stato programmato come circoscritto geograficamente, di breve durata e con un limitato numero di forze impiegate ma il sequestro dell’impianto petrolifero in Algeria ha immediatamente allargato il perimetro di guerra.

Il radicamento di un potere islamista qaedista su un territorio molto vasto con istituzione di autorità politiche e non più soltanto la presenza di cellule terroristiche più o meno clandestine e aterritoriali rappresenta una minaccia per tutto il mondo, e ciò non può ridursi a un fare i conti, per la Francia, con il proprio ruolo e con il proprio passato storico. Il problema deve essere condiviso.


Ha fatto bene il governo italiano ad appoggiare la Francia e ha fatto bene il futuro primo ministro Bersani a schierarsi con il compagno Hollande. Ancora una volta è però venuta a mancare una comunione di vedute con l’ala che fa riferimento a Vendola che subito ha condannato l’intervento francese, facendo riemergere le contraddizioni, anche in politica estera, di una coalizione che si propone agli italiani come forza di governo.

 

Truppe francesi lasciano Bamako, CNN
Ambasciata francese a Londra, CNN

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