cinema

domenica 2 settembre 2012

FRANK OCEAN

CHANNEL ORANGE
FRANK OCEAN - 2012



 
Non si tratta di un’operazione fotocopia alle quali ci ha finora abituato Raphael Saadiq (aspettando l’album giusto che tarda ad arrivare, concediamo ancora fiducia al musicista californiano), si tratta di un capolavoro. Prova del fuoco per Frank Ocean, non siamo all’altezza dei Marvin Gaye 1968 -1973 ma Channel Orange raggiunge lo spessore di un disco quale Songs in the key of life. E Frank Ocean parte proprio da Stevie Wonder. Basta ascoltare Sweet life. Giro di basso pulsante ma morbido, piano elettrico liquido, e dopo il primo segmento quasi in recitativo parte il ritornello con la voce leggermente modulata che riporta emotivamente alle melodie di Wonder. Grande gusto e grande cultura musicale. Frank deve aver ascoltato tonnellate di musica black e non solo, mandando a memoria tutti i classici Motown fino all’urban contemporaneo. Non solo ricerca dell’hit per scalare le classifiche ma la appassionata costanza di perseguire un progetto musicale in cui si crede.

Channel Orange è complessivamente un grande album. Si sente che dietro ogni nota, ogni passaggio c’è la voglia di comunicare il proprio messaggio e soprattutto la comunicazione con l’ascoltatore avviene immediatamente, a partire dal primo pezzo dopo la breve intro, Thinkin bout you, con l’alternarsi delle voci, una piana e l’altra in falsetto a ripetere il fantastico refrain Or do you not think so far ahead / ‘Cause I been thinkin' 'bout forever e a seguire il parlato della prima voce.

Artista in stato di grazia, sicuro a tal punto che può permettersi un pezzo come Pyramids, che mescola banalità alla John Legend a sublimità ambient con un testo che riesuma l’iconologia egizia alla Earth Wind and Fire trasferendola a Las Vegas con spruzzate di Champagne e di Kool and the Gang,  il tutto per oltre nove minuti, compreso, in chiusura, un assolo di chitarra che non ti aspetti. La sicurezza e la sfrontatezza di Frank Ocean fa quasi rabbia.

Con Channel Orange Ocean riesce a portare a compimento quello che la Janelle Monáe di ArchAndroid aveva avviato ma non pienamente raggiunto, la realizzazione del disco black di riferimento di questi anni.

3 commenti:

  1. non so se si tratta di un capolavoro assoluto, only time will tell, però in effetti è un grandissimo disco, uno dei migliori nel genere degli ultimi tempi. per me siamo sui livelli dell'esordio di janelle monae, non so se sopra o sotto...

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  2. ciao marco, più lo ascolto e più mi convince e mi piace citarti: only time will tell

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