cinema

domenica 6 novembre 2011

GAETANO CARLO CHELLI / MAURO BOLOGNINI

L'EREDITA' FERRAMONTI
1884 / 1976




Gaetano Carlo Chelli, pubblicista nato a Massa nel 1847, dopo aver agitato la sonnolenta vita culturale apuana, nel 1874 si trasferisce a Roma dove frequenta i circoli della Destra storica e diventa amico dell’editore Angelo Sommaruga.

Liberale, anticlericale e antisocialista, nella Roma umbertina conduce vita disinvolta tra politici, giornalisti, letterati. La realtà ricca di fermento della novella capitale d’Italia ispira a Chelli una serie di racconti e romanzi, tra i quali spicca L’eredità Ferramonti, pubblicata nel 1884.

Chissà se Luchino Visconti conosceva il romanzo. Forse lo avrebbe trovato letterariamente troppo modesto da stimolare i suoi interessi come invece è accaduto a Mauro Bolognini da cui  ha tratto un film che ha come impronta proprio quella di Visconti.

Un padre di fronte ai suoi tre figli affronta rudemente la questione della spartizione del patrimonio. La ‘roba’ è all’origine di un odio reciproco che porta alla divisione rancorosa dalla famiglia, al tutti contro tutti. La sorella avida e mediocre, il parassita bon vivant, l’inetto, i figli. Burbero e autoritario il padre. In questo gruppo di famiglia in un interno entra in scena Irene, la sposa dell’inetto e i frantumi familiari si ricompongono per poter di nuovo deflagrare.

I personaggi si muovono in interni ricostruiti con esattezza filologica, dove specchi moltiplicano i punti di vista, sullo sfondo della Roma in trasformazione di fine Ottocento. Il paesone campagnolo sta diventando il centro politico dell’Italia unita tra appalti, ministeri e mediocri politici cisalpini, speculazioni.

Il tipo di narrazione rimanda al testo e si inserisce nel milieu culturale positivista: l’interesse si concentra sullo studio di un carattere, quello di Irene, che senza alcuno scrupolo mette in atto la propria strategia esistenziale. Nel contempo vengono registrate le reazioni che il carattere principale scatena negli altri elementi della storia, senza mai dimenticare il più ampio contesto storico-sociale.

Bolognini riesce a tenere in mano i vari fili dell’ordito con efficacia anche grazie all’insieme della troupe che dà il giusto contributo in ogni aspetto. Eccellenti i costumi, le scenografie, gli arredi. Non convenzionale e riuscita la fotografia che fa di Roma una città intrisa di umidità, dominata dagli smorzati colori fangosi a contrasto con i toni carichi degli interni. Particolarmente adeguata la scelta dei sei attori principali, tra i quali risplende una bellissima Dominique Sanda, che il regista riprende avendo come riferimento la pittura del periodo.

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